Auguri per una Pasqua a distanza

Sono arrivate anche le vacanze di Pasqua e ci colgono ancora con le misure da contenimento epidemiologico in atto, che significano tanto per tutti, ma per noi, ragazze e ragazzi, donne e uomini di scuola, significano che le nostre amate (adesso sì, veramente da tutti) aule ci sono precluse.
La scuola c'è e continua: didattica a distanza, videolezioni, chat, verifiche, webcam e piattaforme, l'impegno e lo sforzo di docenti e studenti è enorme, il lavoro, noi lo sappiamo, è maggiore di quello necessario per le lezioni tradizionali, ma ora la didattica a distanza non è una scelta, è una necessità, comunque noi ci siamo e voi ci siete e questo è straordinariamente importante.
A tutte le persone che ruotano intorno alle nostre scuole a vario titolo, spero arrivino i miei auguri di Buona Pasqua: non perdiamo l'abitudine di farci gli auguri, di sentirci, di sostenerci, in questo momento ne abbiamo bisogno più che mai e forse abbiamo bisogno anche di riflessioni come quella che vi propongo sotto, perché ora non si fa altro che parlare di epidemia, Coronavirus, lockdown e, ahimè, a volte anche di guerra, ma non siamo in guerra e le parole dello scrittore piemontese Paolo Calvino, che riporto sotto con il permesso dell'autore, ce lo ricordano efficacemente, come ci ricordano che la scelta dei termini da utilizzare è una scelta importante, non neutra, le parole sono pietre, diceva qualcuno (Carlo Levi), quindi scegliamole bene.
" [...] Ora sento politici e giornalisti di ogni livello dichiarare, rispetto alla pandemia, che “siamo in guerra” e ogni descrizione di avvenimenti è punteggiata di fronti, trincee e prime linee. [...]
Questo linguaggio mi preoccupa, perché implica che la guerra sia ancora vista come qualcosa di eroico, una modalità superiore di vita. Mi preoccupa che in un momento tragico si vadano a prendere le parole nel mondo della guerra, un mondo dove non dovremmo viaggiare mai, neanche a parole.
Questo linguaggio mi mette a disagio, perché è falso. Non è la guerra che spinge alla generosità. Non è il linguaggio o l'immaginario bellicista che motiva i medici, gli infermieri, i volontari e tutte le altre splendide persone che in queste settimane danno il meglio di sé nello sforzo per limitare i danni causati dalla pandemia. Non è la guerra, è l'amore. È l'amore che ci muove verso gli altri.
Ci vogliono degli sforzi, certo, ma, diciamolo, perché siamo innamorati. Di noi stessi, di altre persone, dell'umanità intera, della vita, della pace. [...]
Questo vorrei sentire dai presidenti e dai giornalisti (almeno da quelli europei): siamo innamorati, diamoci da fare."
(Paolo Calvino, https://paolocalvino.blogspot.com/2020/04/in-guerra-non-andare-neanche-parole.html)
Buona Pasqua, lontani ma vicini.
Gian Maria Ghetti, Dirigente Scolastico